Ho appena letto questo e non posso non segnalarlo!
Why dont journalists write about scientists the way they write about chefs
sempre per via di quella storia di come giornalisti e scienziati interagiscono e che andrebbe superata una buona volta.
lunedì, dicembre 17, 2012
venerdì, giugno 22, 2012
La Finale Famelab e l'Anti-sensocomune
La settimana
scorsa si è svolta la finale internazionale di Famelab. Tutti gli interventi
sono stati fantastici, e se volete un resoconto delle tematiche presentate dai
concorrenti, il nostro Riccardo Guidi ha scritto un eccellente report a
riguardo.
Qui, a parte fare
i dovuti complimenti ai vincitori, vorrei fare una considerazione su quanto
visto. Fra le tre presentazioni che mi sono infatti piaciute di piùm due
(quella di Brendan Mullan e di Didac Carmona) contenevano un fattore comune: la nozione
che hanno condiviso con il pubblico aveva intrinsecamente in se un messaggio anti-sensocomune.
Nello specifico, Brendan, con l’idea che siamo fatti di stella, ci diceva che
la materia è immortale e che non esiste il tempo a livello atomico, mentre Didac (che ha poi vinto la finale) ci ha
spiegato perché la morte delle nostre cellule è necessaria a tenere in vita l’intero
organismo.
Mi convinco
sempre di più che il tipo di divulgazione di cui il nostro paese ha bisogno
debba seguire la direzione di aggiornare il senso comune dei nostri connazionali.
Il nostro
universo è in fondo ingabbiato in un sistema concettuale le cui basi sono
quelle che ci vengono fornite durante la scuola superiore. E questo significa
non solo che la nostra fisica è classica, ma anche per esempio che non abbiamo
basi di neuroscienze o di genetica. Ed è per questo che possiamo avere difficoltà a
capire cosa le nuove biotecnologie ci propongono, tendiamo a valutarle con schemi
che non sono più attuali. Una buona divulgazione in Italia dovrebbe quindi
partire da questa osservazione, e cercare di integrare quella conoscenza comune
creata dalla scuola, aggiornando i concetti che devono essere aggiornati. Ovviamente
la biologia appare come la disciplina dove più ampio è la distanza fra il
comune sapere e l’ultima frontiera, ma anche discipline “classiche”, come la
matematica o la fisica necessitano sicuramente di un aggiornamento concettuale.
Capisco che si possa vivere anche senza conoscere aspetti comunque intriganti
della meccanica quantistica, ma mi sembra che avere qualche base di statistica
non posa che giovare a tutti in un mondo come il nostro dove ogni decisione
viene presa sulla base di una statistica spesso ingiustificata.
Concludo citando anche
l’altra mia presentazione preferita, quella di Monika Koperska, che, meritatamente ha
vinto il premio del pubblico.
giovedì, giugno 14, 2012
10.000 soli morirono per la mia birra
Ieri sera ero
incollato a twitter per seguire l’andamento delle semifinali di Famelab. Tifavo
ovviamente per il nostro Riccardo Guidi che per un pelo non è riuscito ad
arrivare in finale. Dei tanti tweet della serata, uno in particolare mi ha
colpito, perché ha modificato un po’ un’idea sulla divulgazione su cui avevo riflettuto
forse non abbastanza, quella dell’efficacia dell’infotainment.
Il tweet è questo
dove viene
descritto il motto, diciamo così, della presentazione di Brendan Mullan, il concorrente della NASA.
Mi ha ricordato
un parere espresso da Frank Burnet, che esaltava questo tipo di frasi: qualcosa
di soprendente che possa restare impresso nella memoria dell’ascoltatore
proprio in virtù della sorpresa che genera (del tipo, “lo sapete che con la
superficie degli alveoli si può ricoprire un campo da calcio”). Io non sono mai
stato molto convinto di questa tecnica. Sicuramente può restare impresso, ma
ritenevo che fosse molto scarso il contenuto di tali espressioni e che quindi
fosse molto scarso se non assente l’insegnamento che da tali frasi l’ascoltatore
può guadagare.
Invece la frase
sulla birra e le stelle mi ha fatto un po’ cambiare idea. Contiene infatti
molta informazione. Non c’è solo l’aspetto nozionistico (gli atomi pesanti si
formano in minima quantità alla morte delle stelle più grandi), ma dice in
fondo che la materia è immortale, portando quindi l’ascoltare medio ad un
concetto di tempo e di cambiamento un po’ diverso da quello che il senso comune
ci suggerisce. E, secondo me, è' proprio la proprietà multi-piano che rende questa frase molto efficace.
In definitiva
quindi, forse questo tipo di infotainment non poi così male (ma anche tutt’altro
che facile da costruire).
venerdì, giugno 01, 2012
GeoEtica
Essendo di
Bologna, nei giorni scorsi ho ovviamente vissuto con una giusta preoccupazione
l’evoluzione del nostro nuovo status di zona a rischio. Il tema terremoto ha
invaso tutte le discussioni fatte con i colleghi nei giorni scorsi, e fra tutte
le osservazioni fatte, mi piacerebbe condividerne due, che un po’ hanno a che
fare con la divulgazione scientifica. Certo, non è certo necessario che io
evidenzi ulteriormente il pessimo spettacolo offerto da alcune trasmissioni, molto
seguite, sulla possibilità di prevedere i terremoti, ma proprio partendo da
questo spunto, siamo giunti in una chiacchierata ad un’osservazione
interessante:
Partiamo dal
principio (ma sarà breve). Io sono senza dubbio in grado di prevedere i
terremoti. E non sono un ciarlatano. Ecco qui la mia previsione: “Nei prossimi
20 anni ci sarà sicuramente un terremoto di magnitudo > 7 nell’emisfero nord
del pianeta”. Bella forza, vero? Ovvio che una previsione del genere non serve
a nulla. Ma cosa succederebbe se la previsione fosse precisa? Ovvero, la
macchina che prevede i terremoti mi comunica che il giorno X ci sarà un
terremoto di grado Y nella zona Z (1000 Km2). Morti stimati, diciamo
tra 10 e 20. Bene, adesso che cosa si fa? Si evacuano 500.000 persone? O 100.000?
Va bene, supponiamo di poterle evacuare tutte, spendiamo quello che spendiamo
ma nessuna vita umana viene persa. Ottimo! Lo stato ha fatto il suo dovere di
proteggere i cittadini. Ora però la macchina che prevede il futuro mi invia un’altra
previsione: nel week-end di Pasqua dell’anno in corso moriranno fra la 20 e le
40 persone sulle strade. La previsione ha la stessa accuratezza, se non maggiore
(e per di più è reale). E adesso che si fa? Si chiudono tutte le strade? Si abolisce
la Pasqua? Io onestamente non lo so.
Però so che nel mio settore,
medico-biologico, devo costantemente rispondere a problemi di natura etica, sia
quando scrivo un articolo scientifico sia quando scrivo un grant. Questa grande
attenzione all’etica non è certo sbagliata, anzi, ma viene giustificata dall’assunto
che certe ricerche e certe metodiche di ricerca possono o potranno avere un
forte impatto sulla nostra vita. Ebbene, oggi questa stessa attenzione ai problemi etici si sta diffondendo anche al mondo della geologia. Non sarebbe
forse allora il caso di parlare anche da noi, magari alla Tv, di
GeoEtica? E di educare il pubblico ad affrontare queste problematiche più che spaventarlo/illuderlo? Beh, questo è proprio il tipo di divulgazione che secondo me spetterebbe agli scienziati.
martedì, maggio 22, 2012
Divulgare su Quora
E veniamo al mio
social network preferito: Quora
Quora è una social network in grande sviluppo (anche se poco conosciuto in Italia). Brevemente, Quora
è un sito di domande e risposte. Lo so, esiste già Yahoo! Answer, che non mi
piace per niente. Quora è tutto un altro livello, principalmente a causa del
livello dei suoi utenti. Vi incuriosisce sapere come è comandare una portaerei,
su Quora ve lo dice un ex-comandante della marina degli Stati Uniti; volete
sapere se la quotazione di Facebook in borse è stata fatta correttamente,
leggete qui e capirete; volete sapere se è vera quella leggenda che vorrebbe
che la Pixar avrebbe accidentalmente cancellato Toy Story 2 dai suoi computer e
lo avrebbe recuperato solo grazie ad un back-up casalingo fatto da uno dei
programmatori? Ve lo svela il direttore tecnico della Pixar in persona. Dal
punto di vista scientifico Quora ha un buon gruppo di scienziati che vi
partecipano attivamente: non riuscite a dormire perché volete sapere qual’è l’assone più lungo che esiste in natura? Ecco qui la risposta. Oppure siete curiosi
delle possibile controindicazioni all’uso dell’optogenetica nell’uomo? Soddisfate la vostra curiosità.
Nel complesso
quindi Quora è un’ottima fonte di informazione, divulgazione ed
intrattenimento, sostenuta, per ora, dalla qualità dei suoi membri. E' una piattaforma ottima di divulgazione perchè consente di inserire contenuti molto particolareggiati ma diretti ad un pubblico un po' più ampio. Ovviamente però, chi usa Quora fa probabilmente già parte di un gruppo di persone che sarebbe comunque interessata a ricevere materiali scientificamente divulgativi di default.
Vantaggi
- Materiale di qualità
- Accesso ad informazioni di
prima mano
- pubblico recettivo
Svantaggi
· Si accettano
contributi solo in inglese
· Accesso ad invito (richiedetemelo pure se vi
interessa)
· Il pubblico a cui si rivolge è selezionato
giovedì, maggio 17, 2012
Divulgare in rete
Come si fa
divulgazione in rete? Per prima cosa bisogna scegliere dove farla. E non è una
scelta banale. Vorrei qui proporre una piccola (e per forza di cose inesaustiva)
disanima dei possibili mezzi di divulgazione messi a disposizione da internet e
sul loro uso, in quella che è la mia esperienza.
Inizierò dall’ultimo
dei social media: Google+
Che viene
definito da molti un colossale fallimento, una città fantasma. Io ho apprezzato
molti prodotti Google, e quindi ho iniziato ad usare Google+ pochi giorni dopo
il suo debutto. E sono rimasto sorpreso per tutte le sue potenzialità (accresciute
nel corso del tempo). In primis la possibilità di seguire qualcuno
unilateralmente, come su twitter, senza necessariamente richiedere l’amicizia
biunivoca come su Facebook. Tutti quelli che seguiamo poi possono essere
organizzati in maniera veramente intuitiva in cerchie, il cui grado di
condivisione della nostra vita è facilissimamente settabile. Sempre come in
Twitter si possono inoltre usare gli hashtag, senza ovviamente limiti di
caratteri. Solo queste due opzioni lo renderebbero una piattaforma ideale per la
divulgazione. Ed infatti il mio stream su Google+ è ricchissimo di notizie e
opinioni scientifiche. Ci sono intere cerchie di scienziati condivise, sia
generali che tematiche. Se da un lato è forse fallito come social network puro,
alla Facebook, per molti scienziati ha rappresentato un’occasione per avere un
canale dedicato tramite cui diffondere le proprie osservazioni, news, eventi
ecc. In altre parole, Google+ potrebbe diventare un’alternativa al classico
blog. I propri post sono infatti sempre visibili sulla pagina del proprio profilo ma si
arricchiscono della componente social (hashtag, sharing e commenti). Inoltre non ci sono
limiti di followers (rispetto ai 5000 che consente Facebook, qui potreste avere
milioni di followers)
Non tutto è però
così rose e fiori. In primis tutta la scienza che si trova su Google+ è inglese
(In Italia incredibilmente ancora un problema). E poi gran parte dei post
scientifici sono condivisioni di notizie prese in altro loco (riviste, blog). Quest’ultima
cosa non sarebbe così malvagia, se non fosse che genera il problema di avere
un overflow di notizie nel proprio streaming. Se decidiamo di usare Google+
come strumento di informazione scientifica, occorre che spendiamo un po’ di
tempo per selezionare chi seguire, in modo da non trovarci seppelliti di
notizie che non riusciremmo nemmeno a leggere. In apparente contraddizione che l'ultima affermazione poi, un grande limite di
Google+ è lo scarso numero di utenti o il limitato uso che ne viene fatto. Questo sopratutto in ambito non-scientifico e più social. E’
possibile che questo cambi (Google+ sarà sempre più integrato nei servizi di
Google, compresi i telefonini Android), ma per ora il pubblico di riferimento generalista è
ancora limitato.
Riassumendo:
Vantaggi:
- Relazioni asimmetriche fra gli utenti
- Uso di Hashtag
- Nessun limite di caratteri (e di followers)
- Facile impostazione della privacy
Svantaggi
- Divulgazioni solo in inglese
- Rischio di sindrome da “eccesso di
notizie” nello stream
- Pubblico generalista ancora limitato, si rischia una comunicazione "da scienziati per scienziati"
martedì, maggio 15, 2012
La metafora della guida alpina
Riprendo ora la
discussione che si stava sviluppando qui, per elaborare l’interessante metafora
proposta da Massimiliano Trevisan, che pensa al divulgatore come ad una guida alpina,
che porta sulla montagna un gruppo di persone eterogeneo, e deve quindi mediare
le esigenze dell’alpinista esperto con quelle del principiante, in modo che
tutti possano godersi la giornata in montagna.
Questo approccio
è quello che oggi viene usato nell’aula universitaria: ci sono x studenti e
bisogna tarare le lezioni affinché il 90% di loro arrivi a fine corso
conoscendo quel minimo che è richiesto per proseguire gli studi. Quando questo
concetto viene rivelato a studenti un po’ più brillanti della media, questi si
stupiscono dicendo “Ah, ora capisco perché le lezioni erano così noiose”. L’approccio
alternativo, sempre in aula, è quello di tarare le lezioni sul primo 30% degli
studenti. Questi non si lamenteranno più delle lezioni noiose e raggiungeranno
una preparazione superiore, ma ovviamente il restante 70% si perderà ed avrà
difficoltà a proseguire gli studi.
Non sono però
sicuro che il divulgatore debba sottostare agli stessi schemi che deve seguire
il docente, per il semplice fatto che possono esserci più divulgatori che
comunichino a livelli diversi. Capisco che, in un’ottica più giornalistica,
questo potrebbe tramutarsi in “minori ascolti”, potendo quindi non essere
compatibile con l’aspetto commerciale dei media. Ma, rispetto ai media, le
strutture che già si occupano di didattica, come le università, potrebbero
essere meno vincolate all'aspetto commerciale e progettare una rete di
divulgazione scientifica “multistrato”.
Mi sembra che l’informazione, soprattutto
in rete, si stia trasformando sempre più
da “generalista” a “tematica”, e che quindi, visti i minori costi editoriali, l’uso
di canali tematici con diversi target potrebbe offrire una soluzione al nostro
alpinista, libero di non dover più mediare le esigenze dei sui variegati
clienti.
lunedì, maggio 14, 2012
...e cosa serve per fare il giornalista scientifico?
Rimando ad un interessante post pubblicato qui da Silvia Bencivelli sulla basi necessarie per fare il giornalista scientifico.
venerdì, maggio 11, 2012
La scienza e lo spettacolo: ITIS Galileo, l'infinito e la divulgazione
Ho avuto
occasione di vedere lo spettacolo di Paolini, ITIS Galileo. Straordinario, come
molti hanno già scritto quasi ovunque. E infatti non è sulla qualità dello
spettacolo che voglio ragionare, ma su alcuni commenti apparsi subito dopo, del
genere: “Parlare di scienza in televisione ad un vasto pubblico si può” oppure “Non
è vero che la scienza annoia” e via dicendo. Intendiamoci, io
sono stato contentissimo di vedere Paolini, mi chiedo solo se questo sia “parlare
di scienza”, o meglio: è questa divulgazione scientifica?
Io non ne sono
sicuro.
Possiamo per
esempio considerare divulgazione “A beautiful mind”, il film che narra la vita
del matematico John Nash? Io penso che sia
leggitimissimo per chi lavora nel mondo dello spettacolo inspirarsi ad eventi scientifici,
anzi, lo ritengo auspicabile, vorrei solo valutare se questa debba essere la
direzione che gli scienziati devono prendere nel processo di divulgazione.
Vorrei fare un altro
esempio, proprio tratto da Famelab.
Il primo
classificato per voto del pubblico (nonché terzo dalla giuria tecnica), Lorenzo
Schmidt, ha, secondo me, sicuramente messo in scena la più bella
rappresentazione della serata. I suoi 3 minuti sull’infinito sono stati poetici
ed spettacolari; Lorenzo ha presentato un bel pezzo di drammaturgia, ma proprio
la drammaturgia è stato l’elemento principale che ha dato valore alla sua
performance e non l’aspetto divulgativo. Lorenzo ha aiutato il pubblico ha
visualizzare l’infinito, ha mostrato come questo concetto arrivi a sfuggire
alla nostra mente, ma ha realmente portato al pubblico conoscenze sull’infinito
che il pubblico non aveva prima?
Per carità,
affascinare il pubblico con un tema scientifico è meglio che farlo parlando di
calcio, ma non sono sicuro che sia questo ciò che gli scienziati devono fare
per essere divulgativi.
Nessuna certezza però
per ora, ma solo uno spunto di riflessione.
giovedì, maggio 10, 2012
Ma a chi dovrebbero parlare gli scienziati?
Domanda banale per una risposta difficile.
Per loro stessa natura, i ricercatori tendono a vedere la divulgazione
scientifica come Educational. In fondo, è quello che un po’ fanno quando fanno
lezione; la divulgazione diventa allora un percorso simil-scolastico, nel quale
si porta lo spettatore ad affrontare un percorso culturale che dovrebbe
migliorare le sue basi culturali, dandogli gli strumenti intellettuali per
poter poi valutare in autonomia questioni più complesse.
Questo tipo di divulgazione però mal si
adatta alla rapida comunicazione moderna. A parte i tempi, che per una
comunicazione educational si assesterebbero su quelli di una conferenza, il
pubblico che è motivato a seguire una divulgazione educational è forse già motivato,
pronto, in qualche modo predisposto a seguire il divulgatore in un cammino più
complesso. Questo fa sorgere la domanda del titolo? A chi dobbiamo parlare, da
scienziati? Riteniamo di dover cercare un accesso al grande pubblico, o
vogliamo restare dentro i confini comunicativi che più ci si confanno?
Il futuro della comunicazione scientifica,
specialmente in un paese come il nostro, dipenderà in gran parte da che
risposta gli scienziati si daranno a tale interrogativo.
martedì, maggio 08, 2012
A che categoria di divulagazione appartiene Famelab?
Così a prima
vista sembrerebbe ricadere nella categoria notiotainment: Interventi brevi, non
connessi fra di loro, trasmissione di nozioni o curiosità, ampio pubblico. Ora,
non è necessariamente una cosa negativa fare notiotainment, anzi, rielaborando
concetti espressi a Perugia dallo stesso Frank Burnet (uno dei fondatori di
Famelab), Famelab vorrebbe essere la punta di un iceberg, che attiri una parte
di pubblico normalmente un po’ restia a seguire programmi di divulgazione
scientifica più tradizionali, verso approfondimenti da presentare poi in sede
diversa.
Ad una più
profonda riflessione però famelab si rivela essere un po’ più sofisticato del
semplice notiotainment. In primis ovviamente l’argomento presentato in 3 minuti
dai concorrenti può anche non essere il semplice “lo sapevate che…?”, ma
potrebbe essere usato anche in una veste educational.
E poi Famelab compie
il grande passo di personalizzare la scienza. Quello che oggi manca in Italia,
a mio modesto avviso, è il ruolo di esempio che gli scienziati dovrebbero dare.
Se un giovane decide di giocare a calcio per emulare Totti, o di diventare un
imprenditore per emulare Steve Jobs, qui da noi diventa difficile sentire dire
ad un giovane: “Farò lo scienzato per diventare come….”. Come chi? Tolti i
nostri sparuti premi Nobel che, pur con tutto il rispetto, appartengono ormai
ad una generazione passata (da molto), i pochi altri scienziati noti lo sono o
perché sono stati in politica o perché ospiti fissi di trasmissioni televisive.
Ma in questa veste la loro qualità di scienziati, che cosa li ha spinti a fare
quel lavoro, che successi intellettuali hanno ottenuto, non viene trasmessa. Il
loro ruolo in tali condizioni è quello di commentatori illustri, non di attori
protagonisti. E oggi, per le giovani generazioni, c’è bisogno di attori
protagonisti che possano veicolare il messaggio “scienza” nei modi e tempi
della comunicazione moderna.
In questo senso
Famelab rappresenta una grande novità nel panorama italiano, un punto di
partenza per costruire magari un nuovo e più efficace modo di unire
divulgazione ed educazione.
domenica, maggio 06, 2012
Come si divulga?
Ci sono diverse
modalità che vengono incluse dalla denominazione di divulgazione scientifica;
mi propongo qui di catalogarle e descriverle nelle loro essenzialità, per poter
poi individuare successivamente dove e come gli scienziati possono intervenire
nel processo di divulgazione e se questo abbia in fondo un senso.
1) Notiotainment.
Con questo neologismo intendo identificare tutte quelle forme di
divulgazione che permettono la diffusione di nozioni, del modello “Lo sapevate
che…” de La settimana enigmistica. Normalmente il notiotainment si rivolge ad
un pubblico molto ampio, presentando rapidamente una serie di nozioni su fatti
curiosi o peculiari che hanno lo scopo, nel migliore dei casi, di sorprendere
il lettore.
Pregi: il notiotainment può attirare l’attenzione di un ampio pubblico, non
richiede competenze pregresse e si può anche inserire in un contenitore non
propriamente scientifico (come all’interno di uno show). Se le nozioni sono
scelte con cura, potrebbe anche stimolare una porzione del pubblico ad
approfondire l’argomento.
Difetti: Le nozioni presentate non sono di solito organizzate da un tema
comune, quindi si susseguono in ordine sparso. Per la loro stessa natura poi,
devono essere di facile comprensione e normalmente avere anche una “soluzione”
al problema che viene esposto: “E’ vero che …….”? Risposta “ Sì, perchè…” o
“No, perchè….”.
Esempi: Focus in edicola o Eva su Rai2
Media: tutti
2) Educational
In questa categoria rientrano quelle modalità di divulgazione che si
prefiggono lo scopo di aumentare il livello culturale del pubblico, offrendo
spunti di riflessione su tematiche complesse.
Pregi: il livello culturale è di solito alto, le tematiche presentate
portano più a porsi domande che ad ottenere risposte. La divulgazione
Educational dovrebbe fornire allo spettatore gli strumenti concettuali per
confrontarsi con la tematica oggetto d’indagine per potere poi egli stesso
giungere ad una visione personalmente elaborata dell’argomento.
Difetti: e’difficile rivolgerla ad un pubblico molto ampio. Mal si adatta a
tempi troppo brevi e richiede comunque attenzione da parte dello spettatore.
Esempi: Zettel su Rai Filosofia
Media: conferenza, ma, secondo me, anche documentari e libri.
3) Storytelling
Questa è una categoria che identifica una forma di notiotainment più
elaborata. Normalmente si avvale di una storia affascinante (più o meno
storica), e ne narra le vicende cercando di tenere l’attenzione dello
spettatore.
Pregi: si adatta a tempi misti, sia brevi che lunghi e può sfruttare una
storia affascinante per attirare il pubblico (per es. il Titanic). Si
comunicano nozioni, ma se fatto bene, può anche trasmettere concetti più
elaborati.
Difetti: E’ vincolato a raccontare eventi, che, per essere affascinanti, di
solito appartengono alla storia, avendo quindi difficoltà a raccontare gli
ultimi sviluppi scientifici.
Esempi: Quark, Ulisse
Media: TV, ma anche radio e libri
4) News
Questa modalità ha un approccio giornalistico, per cui il tema divulgato è
inspirato dalle news. Si propone di fornire informazioni su qualche aspetto
della scienza che ha conseguenze visibile sulla società.
Pregi: può permettersi di attingere alle scoperte o sviluppi più recenti.
Si può rivolgere ad un ampio pubblico.
Difetti: di solito l’aspetto sociale è più importante di quello
scientifico. E’ a rischio di esporre vedute ideologizzate (tesi precostituita,
uso della scienza per dare autorevolezza alla propria visione).
Esempi: Cosmo (Rai3).
Media: tutti
Gli scienziati devono intervenire nel processo di divulgazione scientifica?
Io credo di sì.
Per quattro motivi:
a) La scienza richiede denaro pubblico (on
verità in quantità assai modeste rispetto a molte altre forme di spesa
pubblica), e quindi motivare l’uso di tale denaro a chi lo fornisce (il
pubblico) diventa importante. Diventa però importante sottolineare che non è
solo importante giustificare l’uso di denaro pubblico in termini di conquiste
tecnologiche (faccio questa ricerca per sviluppare questo farmaco), ma anche in
termini di pura conoscenza. Il concetto che la ricerca di base è alla base di
ogni ricerca applicata e che in spesso le applicazioni più straordinarie
nascono da scoperte inaspettate dovrebbe giustificare e sostenere l’uso di
risorse pubbliche a fini di ricerca.
b) Alcune scoperte scientifiche possono
cambiare la società e questa trasformazione può non essere indolore. Al fine di
aiutare il pubblico a comprendere la natura dei cambiamenti inspirati dalla
scienza, gli scienziati possono contribuire al processo di divulgazione.
c) Non si fa scienza o sviluppo senza persone
all’altezza di tale compito. E’ anche compito degli scienziati attrarre le
menti migliori ed educarle.
d) Il punto c richiede che le strutture
educative del paese siano all’altezza di tale compito. Gli scienziati più di
ogni altro devono contribuire a convincere gli amministratori di come
modificare l’attuale per migliorare il futuro.
La comunicazione scientifica: dalla parte degli scienziati
Apro questo blog
in seguito all’istruttiva esperienza vissuta al Famelab 2012. Uno dei motivi
che mi spinse a partecipare è stato proprio quello di toccare con mano il mondo
della divulgazione. Inizio qui ora ad elaborare l’esperienza, proponendo un
blog di analisi dell’attività di divulgazione scientifica in Italia vista da
uno scienziato. Fornirò analisi generali, così come analisi di particolari
media divulgativi. Sono anche felicissimo di ricevere suggerimenti e commenti,
vorrei che quanto scrivo serva come canovaccio, apertissimo a miglioramenti da
parte di chi, in questo settore, ha qualcosa da dire.
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