martedì, ottobre 29, 2013

Mind Uploading - alcune considerazioni

Recentemente mi è stato di chiesto di commentare per un giornale la possibilità che il genere umano sviluppi la tecnologia del "Mind Uploading", cioè la possibilità di trasferire la propria coscienza e identità mentale all'interno di un software. Io ritengo ci siano limiti teorici difficilmente superabile che sono di ostacolo allo sviluppo di tale tecnologia, la cosiddetta (in gergo)  "Singolarità tecnologica".

Il più importante è il fatto che una simulazione non produce direttamente effetti fisici. Per fare un agevole parallelo, simulare un'automobile in un computer non genera moto. Personalmente infatti ritengo che la struttura tridimensionale del cervello e i suoi costituenti materiali siano critici nel consentire il suo funzionamento.





L'idea del mind uploading poi si base sulla possibilità di effettuare una scansione della struttura del nostro cervello così dettagliata da poterla simulare, o, in un caso a cui potrei dare più credito, ricostruire.
Il problema che vedo in questo tipo di approccio, che poi è quello che sta cercando di fare lo Human Brain Project, è che la scansione, per quanto accurata, non è ancora sufficiente come set di informazioni per ricostruire il cervello. Sarebbe necessario anche conoscere la dinamica di funzionamento di ogni neurone e cellula di quel cervello. In altre parole, oltre all'anatomia sarebbe necessario conoscerne la fisiologia.

L'approccio scan -> ricostruzione funzionerebbe solo nel caso fantascientifico di poter scannerizzare l'esatta posizione di tutti gli atomi di un cervello e ricostruirlo esattamente com'è. In questo caso avremmo effettivamente duplicato un cervello, ma, per le sue caratteristiche intrinseche  non è detto che le due copie si comportino poi nello stesso modo dal momento della duplicazione.



mercoledì, ottobre 02, 2013

Dottorato di Ricerca, cosigli e considerazione

Conviene fare un dottorato di ricerca? E dove, in Italia o fuori?

La prima cosa da considerare è la motivazione che vi spinge a questa scelta. Considerate in primis il costo dell'alternativa: se lo fate perchè non c'è nient'altro da fare, secondo me sbagliate strada. Finirete per fare un dottorato mediocre, che non vi aiuterà poi nella ricerca di un lavoro. 

Per affrontare un buon dottorato occorre infatti un certo di tipo di spirito, occorre che vi piaccia cercare domande interessanti e ancora di più trovare il modo per dare una risposta a queste domande. In poche parole, ci vuole attitudine alla ricerca, qualunque sia il settore nel quale vorreste dottorarvi.  Durante il dottorato infatti scoprirete voi stessi attraverso la vostra indagine del mondo, ed è critico che solo il fatto di percorrere questo cammino vi dia soddisfazione. 

Come compiere dunque questo cammino? Iniziare qui in Italia o andare via. Dato per scontato che, anche se vi dottorate in Italia, prima o poi all'estero per un po' dovrete andarci, ci sono ottimi laboratori/dipartimenti anche in Italia dove si può fare un buon percorso di dottorato (nota a margine: infatti i dottori di ricerca italiani non fanno fatica di solito a continuare la propria carriera all'estero).



Prima di fare la vostra scelta, prestate attenzione ad alcune cose: 1) la tematica su cui lavorerete segnerà il vostro futuro cammino. cercate dunque di lavorare su qualcosa che vi entusiasmi; 2) la libertà di ricerca: cercate di lavorare in un gruppo di ricerca che vi consenta di avere ampia libertà d'azione (che all'inizio vuol dire libertà di sbagliare) e vi inserisca in un ambiente stimolante intellettualmente; 3) guardate che fine ha fatto chi si è dottorato prima di voi. Stanno ancora facendo i ricercatori (e dove?) oppure hanno aperto un negozio di scarpe?

Tenete inoltre bene a  mente che la libertà di ricerca è un'arma a doppio taglio: serve a darvi la possibilità di sviluppare le vostre potenzialità, ed più la userete per questo e più migliorerete. 


martedì, aprile 16, 2013

Marijuana e Quoziente Intellettivo


Una recente articolo pubblicato su PNAS da Madeline M. Meier et al. sembra fornire una solida prova sugli effetti deleteri che l'uso di cannabis durante l'adolescenza comporti sulle capacità cognitive. Lo studio è però contestato da Ole Rogeberg  che sostengono di spiegare come il risultato di un'inadeguate analisi statistica.


Per capire quanto a volte sia difficile elaborare esperimenti che possano dare una risposta chiara ad un problema complesso.


domenica, aprile 07, 2013

Cultura domenicale

La domenica è il giorno in cui vengono pubblicati due significativi inserti culturali: la Lettura (Corriere) e il Domenicale (con Nova), su il Sole24Ore.

Vi segnalo qui un  bell'articolo di Serena Danna (@serena_danna) sulla Lettura, l'inserto domenicale del Corriere della Sera. Si parla di Christ Meehan, che lavora oggi al Dipartimento di Biologia della Columbia University. La cosa interessante è che Christ non è una biologa, ma una scrittrice, e quello che fa è aiutare i poveri scienziati a rendere i loro scritti migliori. Dio solo sa se ne avevamo bisogno. E non solo per quanto riguarda gli scritti divulgativi, ma anche quelli tecnici.

Qualche anno fa ricordo di aver discusso di questo con la compagna di un collega americano. Mentre io e lui stavamo discettando di un articolo, lei, che era un'insegnante di inglese alle superiori, ci disse: "ma in che lingua state parlando?! Le vostre espressioni sono tremende!!" E infatti, sebbene l'inglese ben funzioni come lingua scientifica, non è certo in questo settore che mostra tutta la sua potenza comunicativa.

Personalmente vedo con grande favore questo tipo di collaborazione o contaminazione che dir si voglia, e, sebbene molti colleghi si considerano dei Russell, secondo me ci meriteremmo un po' d'aiuto da chi, meglio di noi, sa maneggiare le lettere.



Come sempre, lascio al video il compito di trasmettervi le mie incompetenti opinioni sull'argomento, incluso il ritorno della biomimetica come filosofia generale di ricerca (da Nova, sul sole24ore)

martedì, marzo 12, 2013

Ma quanto ci vuole per fare un poster!!

Questo è un piccolo sfogo personale. Già fare ricerca in Italia è difficile, poi, quando per stampare un poster per andare ad un congresso ci metti una settimana, uno sfogo diventa lecito. Perchè una settimana? Perchè nella congiunta applicazione degli effetti della riforma Gelmini e della spendig review, non posso spendere 1 centesimo dei fondi (miseri) di ricerca se:

a) non ho prima controllato sul mercato elettronico che il servizio da me richiesto sia li disponibile ad un prezzo più basso (magari a Cosenza, mentre io lavoro a Bologna), e se lo trovo li sono obbligato a prenderlo (e ad andare a Cosenza a ritirarlo) Cos'è il mercato elettronico? E' una selva oscura di nomi di fornitori e di prodotti mal assemblati insieme e talmente lento a girare che consultarlo a mano sarebbe più veloce

b) se non c'è, devo fare una sorta di gara d'appalto (per un poster che costa 35 €!!!!) con almeno 3 preventivi, che mi devo premurare di procurarmi.

c) scelto il più economico, la segreteria deve emettere l'ordine d'acquisto e poi io posso andare alla copisteria che nel frattempo si è trasferita.

d) saltate il congresso e state a casa



giovedì, marzo 07, 2013

Enhancing performace but.......

In un articolo pubblicato ieri sul Journal of Neuroscience, Teresa Iuculano e  R.C. Kadosh riportano un risultato molto interessante che riguarda l'uso di tecniche dedicate al migliramento della performace cognitiva. La tecnologia in questione, la Transcranial Electrical Stimulation, prevede che una corrente molto leggera venga applicata al cranio e influenzi quindi l'attività della corteccia sottostante. Non è una tecnologia nuova, ed è stata declinata in molti protocolli diversi. Alla base di questo approccio vi è l'idea che i neuroni colpiti dalla stimolazioni possa risentirne diventano più "pronti" a compiere il loro lavoro.
Fino ad ora molti studi hanno esplorato diversi lati di questa tecnologia, focalizzandosi su quale sia la migliore modalità di somministrazione e quali siano eventuali effetti collaterali fisici causati dalla stimolazione stessa. (per alimentare un po' il complottismo, la DARPA, l'agenzia di ricerca del Pentagono,  è pioniere nello sviluppo di questo tipo di applicazioni)



Iuculano e Kadosh hanno provato a vedere se oltre all'effetto di miglioramento della performance cognitiva ci fossero anche effetti collaterali non fisici ma su altre funzioni cognitive. Per fare questo hanno  sottoposto un gruppo di volontari ad un protocollo sperimentale che richiedeva di imparare una nuova serie di simboli numerici. In altre parole 10 simboli nuovi al posto di 1, 2, 3, ecc ecc. Una volta imparati poi i simboli venivano richiamati in un compito che richiedeva di usare i nuovi simboli appresi in maniera automatica (nel dettaglio, due dei nuovi simboli numerici comparivano sullo schermo di un computer avendo dimensioni diverse; il soggetto doveva rapidamente dire se il simbolo graficamente più grande era anche quello numericamente maggiore: per esempio 6 è effettivamente maggiore di 2 ma non viceversa)



La stimolazione è stata applicata a due aree della corteccia cerebrale che sono coinvolte nell'apprendimento (la corteccia parietale posteriore) e nell'automatismo (la corteccia prefrontale dorso-laterale).
Sorprendentemente, l'articolo riporta che la stimolazione indubbiamente migliorava il task cognitivo di riferimento, percui chi era stimolato nella corteccia parietale posteriore imparava la nuova serie di simboli numerici molto più in fretta, ma peggiorava nell'altro task, cioè nel uso automatico delle nuove nozioni apprese. I risultati erano speculari per i soggetti stimolati nella corteccia prefrontale.

In definitiva, questo è il primo articolo che evidenzia che l'uso di queste tecniche di miglioramento cognitivo può avere un costo  su altri compiti cognitivi e che quindi il loro uso andrà adattato al tipo di compito da svolgere.

lunedì, marzo 04, 2013

Ratti e Telepatia

E' di pochi giorni fa la notizia dei cosidetti "Ratti Telepatici", che sta facendo rapidamente il giro del mondo. Il Tutto è inspirato da un articolo di Miguel A.L. Nicolelis su Scientific Report. Solo poche frasi per spiegare la cosa:




a) i ratti non sono telepatici

b) l'esperimento è supercool, ma non così come lo si può percepire a prima vista. Sinteticamente, ad un ratto (negli USA) è stato insegnato a scegliere fra due leve (dx e sx) per ricevere una ricompensa; ad un altro ratto (in Brasile), e stato insegnato a scegliere fra due identiche leve in risposta al'attivazione di un microelettrodo (molti in realtà) nel suo cervello. Poi il comando del microelettrodo del ratto brasiliano è stato dato al cervello del ratto americano. Cosa succede? Che il ratto brasiliano indovina la leva giusta da premere in risposta al comando del cervello del ratto USA nel 64% dei casi. Se avesse provato a caso avrebbe indovinato nel 50%. Non così eccezionale come sembrava prima, vero? La cosa migliora un po', se la comunicazione è bidirezionale.

c) A cosa serve? Al momento a niente, ma è una ricerca istintivamente bella, e sviluppata in maniera diversa potrà portare a sviluppi interessante, ma ancora poco chiari. Nicolelis è finanziato molto dal Pentagono (la ormai famosa DARPA), per cui non è detto che quello che ha pubblicato sia l'effettivo stato dell'arte e potrebbe esserci molto di più (evvai di Conspiracy Theory!!)

giovedì, febbraio 21, 2013

Ricercatori nella nebbia

E' stato bello trascorrere ieri e oggi sotto i riflettori dei media, specialmente per vedere diffusa una ricerca che ho ideato e condotto negli ultimi due anni.
Posso sottolineare la serietà, la professionalità e la simpatia di tutti i giornalisti con cui sono entrato in contatto in questi giorni. Parlando di un tema che ben si prestava a deragliare completamente su un sensazionalismo alla Voyager, non ho visto invece cose indegne, ben sapendo che per un giornalista una notizia è comunque una storia da vendere, percui va bene che venga esposta nel modo più seducente possibile.



Quello che mi ha stupito (o forse no) un po' però e che la notizia, rimbalzando attraverso il web, ha piano piano perso gli autori. Io e i miei colleghi siamo piano piano diventati "dei fisiologi di Bologna" poi "dei ricercatori di Bologna" poi "dei ricercatori" poi "i ricercatori" ecc ecc.

E io mi chiedo, ma quando esce un nuovo film di (metto a caso) Spielberg, si legge forse sui giornali "Un regista americano ha fatto un film su questo e quello" invece del suo nome? Stesso cosa per i cantanti, i calciatori, gli attori, gli scrittori, perfino i cuochi (pardon, gli chef).
E allora perchè, dopo aver lavorato 2 anni ad una ricerca, io devo diventare "i recercatori"? Un ricercatore vale l'altro? Siamo intercambiabili? La ricerca si è fatta da sola e io l'ho solo scritta?

E pensare che secondo me è proprio la storia umana che c'è dietro ogni ricerca uno degli aspetti più belli della scienza: da dove è nata l'ispirazione, quali sono stati gli ostacoli, c'è stato un "Eureka moment"! E' anche questo che può ispirare le giovani generazioni ad amare la ricerca, identificarsi con un ricercatore nel processo che porta ad una scoperta.

Detto, questo, finisco questa mia e lascio ad un video (il veicolo mediatico più personalizzante)  queste stesse considerazioni, più alcune spiegazioni di cosa abbiamo in effetti fatto