venerdì, giugno 22, 2012

La Finale Famelab e l'Anti-sensocomune


         La settimana scorsa si è svolta la finale internazionale di Famelab. Tutti gli interventi sono stati fantastici, e se volete un resoconto delle tematiche presentate dai concorrenti, il nostro Riccardo Guidi ha scritto un eccellente report a riguardo.



           Qui, a parte fare i dovuti complimenti ai vincitori, vorrei fare una considerazione su quanto visto. Fra le tre presentazioni che mi sono infatti piaciute di piùm due (quella di Brendan Mullan e di Didac Carmona) contenevano un fattore comune: la nozione che hanno condiviso con il pubblico aveva intrinsecamente in se un messaggio anti-sensocomune. Nello specifico, Brendan, con l’idea che siamo fatti di stella, ci diceva che la materia è immortale e che non esiste il tempo a  livello atomico, mentre Didac (che ha poi vinto la finale) ci ha spiegato perché la morte delle nostre cellule è necessaria a tenere in vita l’intero organismo. 
         Mi convinco sempre di più che il tipo di divulgazione di cui il nostro paese ha bisogno debba seguire la direzione di aggiornare il senso comune dei nostri connazionali.
          Il nostro universo è in fondo ingabbiato in un sistema concettuale le cui basi sono quelle che ci vengono fornite durante la scuola superiore. E questo significa non solo che la nostra fisica è classica, ma anche per esempio che non abbiamo basi di neuroscienze o di genetica. Ed è  per questo che possiamo avere difficoltà a capire cosa le nuove biotecnologie ci propongono, tendiamo a valutarle con schemi che non sono più attuali. Una buona divulgazione in Italia dovrebbe quindi partire da questa osservazione, e cercare di integrare quella conoscenza comune creata dalla scuola, aggiornando i concetti che devono essere aggiornati. Ovviamente la biologia appare come la disciplina dove più ampio è la distanza fra il comune sapere e l’ultima frontiera, ma anche discipline “classiche”, come la matematica o la fisica necessitano sicuramente di un aggiornamento concettuale. Capisco che si possa vivere anche senza conoscere aspetti comunque intriganti della meccanica quantistica, ma mi sembra che avere qualche base di statistica non posa che giovare a tutti in un mondo come il nostro dove ogni decisione viene presa sulla base di una statistica spesso ingiustificata.


           Concludo citando anche l’altra mia presentazione preferita, quella di Monika Koperska, che, meritatamente ha vinto il premio del pubblico. 

giovedì, giugno 14, 2012

10.000 soli morirono per la mia birra


            Ieri sera ero incollato a twitter per seguire l’andamento delle semifinali di Famelab. Tifavo ovviamente per il nostro Riccardo Guidi che per un pelo non è riuscito ad arrivare in finale. Dei tanti tweet della serata, uno in particolare mi ha colpito, perché ha modificato un po’ un’idea sulla divulgazione su cui avevo riflettuto forse non abbastanza, quella dell’efficacia dell’infotainment.

Il tweet è questo



dove viene descritto il motto, diciamo così, della presentazione di  Brendan Mullan, il concorrente della NASA.
       Mi ha ricordato un parere espresso da Frank Burnet, che esaltava questo tipo di frasi: qualcosa di soprendente che possa restare impresso nella memoria dell’ascoltatore proprio in virtù della sorpresa che genera (del tipo, “lo sapete che con la superficie degli alveoli si può ricoprire un campo da calcio”). Io non sono mai stato molto convinto di questa tecnica. Sicuramente può restare impresso, ma ritenevo che fosse molto scarso il contenuto di tali espressioni e che quindi fosse molto scarso se non assente l’insegnamento che da tali frasi l’ascoltatore può guadagare.
      Invece la frase sulla birra e le stelle mi ha fatto un po’ cambiare idea. Contiene infatti molta informazione. Non c’è solo l’aspetto nozionistico (gli atomi pesanti si formano in minima quantità alla morte delle stelle più grandi), ma dice in fondo che la materia è immortale, portando quindi l’ascoltare medio ad un concetto di tempo e di cambiamento un po’ diverso da quello che il senso comune ci suggerisce. E, secondo me, è'  proprio la proprietà multi-piano che rende questa frase molto efficace.
          In definitiva quindi, forse questo tipo di infotainment non poi così male (ma anche tutt’altro che facile da costruire).

venerdì, giugno 01, 2012

GeoEtica


            Essendo di Bologna, nei giorni scorsi ho ovviamente vissuto con una giusta preoccupazione l’evoluzione del nostro nuovo status di zona a rischio. Il tema terremoto ha invaso tutte le discussioni fatte con i colleghi nei giorni scorsi, e fra tutte le osservazioni fatte, mi piacerebbe condividerne due, che un po’ hanno a che fare con la divulgazione scientifica. Certo, non è certo necessario che io evidenzi ulteriormente il pessimo spettacolo offerto da alcune trasmissioni, molto seguite, sulla possibilità di prevedere i terremoti, ma proprio partendo da questo spunto, siamo giunti in una chiacchierata ad un’osservazione interessante:


             Partiamo dal principio (ma sarà breve). Io sono senza dubbio in grado di prevedere i terremoti. E non sono un ciarlatano. Ecco qui la mia previsione: “Nei prossimi 20 anni ci sarà sicuramente un terremoto di magnitudo > 7 nell’emisfero nord del pianeta”. Bella forza, vero? Ovvio che una previsione del genere non serve a nulla. Ma cosa succederebbe se la previsione fosse precisa? Ovvero, la macchina che prevede i terremoti mi comunica che il giorno X ci sarà un terremoto di grado Y nella zona Z (1000 Km2). Morti stimati, diciamo tra 10 e 20. Bene, adesso che cosa si fa? Si evacuano 500.000 persone? O 100.000? Va bene, supponiamo di poterle evacuare tutte, spendiamo quello che spendiamo ma nessuna vita umana viene persa. Ottimo! Lo stato ha fatto il suo dovere di proteggere i cittadini. Ora però la macchina che prevede il futuro mi invia un’altra previsione: nel week-end di Pasqua dell’anno in corso moriranno fra la 20 e le 40 persone sulle strade. La previsione ha la stessa accuratezza, se non maggiore (e per di più è reale). E adesso che si fa? Si chiudono tutte le strade? Si abolisce la Pasqua? Io onestamente non lo so. 

Però so che nel mio settore, medico-biologico, devo costantemente rispondere a problemi di natura etica, sia quando scrivo un articolo scientifico sia quando scrivo un grant. Questa grande attenzione all’etica non è certo sbagliata, anzi, ma viene giustificata dall’assunto che certe ricerche e certe metodiche di ricerca possono o potranno avere un forte impatto sulla nostra vita. Ebbene, oggi questa stessa attenzione ai problemi etici si sta diffondendo anche al mondo della geologia. Non sarebbe forse allora il caso di parlare anche da noi, magari alla Tv, di GeoEtica? E di educare il pubblico ad affrontare queste problematiche più che spaventarlo/illuderlo? Beh, questo è proprio il tipo di divulgazione che secondo me spetterebbe agli scienziati.