La settimana
scorsa si è svolta la finale internazionale di Famelab. Tutti gli interventi
sono stati fantastici, e se volete un resoconto delle tematiche presentate dai
concorrenti, il nostro Riccardo Guidi ha scritto un eccellente report a
riguardo.
Qui, a parte fare
i dovuti complimenti ai vincitori, vorrei fare una considerazione su quanto
visto. Fra le tre presentazioni che mi sono infatti piaciute di piùm due
(quella di Brendan Mullan e di Didac Carmona) contenevano un fattore comune: la nozione
che hanno condiviso con il pubblico aveva intrinsecamente in se un messaggio anti-sensocomune.
Nello specifico, Brendan, con l’idea che siamo fatti di stella, ci diceva che
la materia è immortale e che non esiste il tempo a livello atomico, mentre Didac (che ha poi vinto la finale) ci ha
spiegato perché la morte delle nostre cellule è necessaria a tenere in vita l’intero
organismo.
Mi convinco
sempre di più che il tipo di divulgazione di cui il nostro paese ha bisogno
debba seguire la direzione di aggiornare il senso comune dei nostri connazionali.
Il nostro
universo è in fondo ingabbiato in un sistema concettuale le cui basi sono
quelle che ci vengono fornite durante la scuola superiore. E questo significa
non solo che la nostra fisica è classica, ma anche per esempio che non abbiamo
basi di neuroscienze o di genetica. Ed è per questo che possiamo avere difficoltà a
capire cosa le nuove biotecnologie ci propongono, tendiamo a valutarle con schemi
che non sono più attuali. Una buona divulgazione in Italia dovrebbe quindi
partire da questa osservazione, e cercare di integrare quella conoscenza comune
creata dalla scuola, aggiornando i concetti che devono essere aggiornati. Ovviamente
la biologia appare come la disciplina dove più ampio è la distanza fra il
comune sapere e l’ultima frontiera, ma anche discipline “classiche”, come la
matematica o la fisica necessitano sicuramente di un aggiornamento concettuale.
Capisco che si possa vivere anche senza conoscere aspetti comunque intriganti
della meccanica quantistica, ma mi sembra che avere qualche base di statistica
non posa che giovare a tutti in un mondo come il nostro dove ogni decisione
viene presa sulla base di una statistica spesso ingiustificata.
Concludo citando anche
l’altra mia presentazione preferita, quella di Monika Koperska, che, meritatamente ha
vinto il premio del pubblico.
Concordo pienamente. Le presentazioni al FameLab che più rimangono impresse sono quelle che stupiscono. Quelle dove ad un certo punto senti il silenzio, seguito dalla 'rivelazione' che lo speakers ti ha appena portato. Qualcosa di accessibile ma nuovo. Stile 'lo sapevi che...'
RispondiEliminaUna presentazione al FameLab International Final che decisamente conteneva tutto questo era quella di Andrew Steele (@statto), che mi ha letteralmente aperto la mente sulla luce polarizzata e sui suoi utilizzi.
In ultimo, la comunicazione scientifica in Italia, così come fuori, certamente punta al "nuovo": nuova frontiera della biotecnologia, nuovo traguardo terapeutico. Questa è una tattica buona, ma c'é dell'altro.
Quello che potrebbe essere ancora più interessante, a mio avviso, è smontare pezzo per pezzo i così detti "concetti impossibili" delle scienze (la fisica quantistica, cosa sarà mai?) e renderli accessibili a tutti.
Su questa chiave, Statto ha scritto un post dove, avendo fallito la sfida di scrivere la definizione di Higgs su un tweet (?!?!), ha scritto in sole 353 parole che cosa sia e perché lo stiamo cercando.
http://andrewsteele.co.uk/physics/higgs/
Molto + chiaro di molte definizioni pittoresche e para-giornalistiche del tipo "particella di Dio". In sole 353 caratteri. Non male.